La rubrica Spoiler – in formato podcast è cura della giornalista Beatrice Silenzi – direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.
La distopia più inquietante, che bussa alle porte della nostra civiltà, ha il sorriso seducente e vacuo del Mondo Nuovo di Aldous Huxley.
Pubblicato nel 1932, questo capolavoro letterario e filosofico si rivela, a quasi un secolo di distanza, non tanto una fantasia futuribile, quanto un’impietosa diagnosi del presente.
Huxley non ci ha messo in guardia da una prigione che avremmo odiato, ma da una gabbia dorata che avremmo imparato ad amare. Una prigione costruita non sulla paura, ma sulla seduzione del piacere, del comfort e della distrazione perpetua.
Scritto nel turbolento interregno tra le due guerre mondiali, in un’epoca di crisi economiche e fermenti ideologici, Il mondo nuovo nasce da un’intuizione geniale. Aldous Huxley, erede di una dinastia di scienziati e intellettuali, comprese che la minaccia più grande alla libertà umana non sarebbe venuta dalla sofferenza imposta, ma dalla felicità scientificamente pianificata.
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La domanda che il capolavoro di Huxley ci pone, oggi più che mai, non è se saremo costretti a entrare in questa prigione dorata, ma se non abbiamo già iniziato a costruirla, mattone dopo mattone, con le nostre stesse mani, desiderandola.
I bambini nascono in provetta, nei “Centri di Incubazione e Condizionamento”. Attraverso il “processo Bokanovsky”, da un singolo ovulo si producono fino a novantasei gemelli identici, predestinati a far parte di caste immutabili.
Fin dalla nascita, la mente dei cittadini viene plasmata. L’insegnamento nel sonno, inculca slogan e verità morali che diventano riflessi incondizionati.
L’amore per la natura e per i libri viene estirpato nelle caste inferiori attraverso shock elettrici associati a fiori e volumi. L’individuo non pensa, ma ripete. Non sceglie, ma obbedisce a impulsi indotti.
L’invenzione più profetica di Huxley è il soma, una droga perfetta che offre euforia e oblio senza effetti collaterali.
È il lubrificante che annulla ogni attrito sociale ed esistenziale.
Ansia, tristezza, noia, delusione? C’è una pillola per questo. In questa “farmacocrazia”, il benessere chimico ha sostituito la ricerca di senso, la spiritualità e la resilienza umana.
John incarna tutto ciò che il Mondo Nuovo ha abolito: l’amore passionale, la gelosia, la famiglia, la sofferenza, l’arte, il bisogno di Dio. Mond, d’altra parte, non è un tiranno malvagio, ma un intellettuale lucido che ha fatto una scelta consapevole.
La tendenza a trattare ogni disagio emotivo, ogni tristezza e ogni ansia come un disturbo chimico da correggere con un farmaco riecheggia la funzione pacificatrice del soma.
Il dogma “tutti appartengono a tutti gli altri” trova un’eco perversa in una cultura dove la sessualità è spesso slegata dall’intimità e l’esclusività affettiva è vista con sospetto, mentre la vita privata diventa spettacolo pubblico.
Il mondo nuovo non è più fantascienza. È un manuale per comprendere le tentazioni del XXI secolo.
Non ci descrive un futuro imposto da un potere esterno, ma un futuro che potremmo scegliere noi stessi, scambiando la faticosa libertà di essere umani per la comoda schiavitù del benessere.
E se desideri approfondire tematiche sulla distopia: “Fabbrica della Comunicazione. Il Linguaggio dei Media” il libro di Beatrice Silenzi.







