La rubrica Spoiler – in formato podcast è cura della giornalista Beatrice Silenzi – direttore responsabile di Fabbrica della Comunicazione.
Più di duemila anni fa, un filosofo che aveva conosciuto la più brutale forma di impotenza—la schiavitù—ha redatto una guida per la libertà interiore così potente e pratica da risuonare ancora oggi con una forza sorprendente.
Quest’uomo era Epitteto, e la sua opera, il Manuale (Enchiridion), non è un trattato astratto, ma un vero e proprio kit di strumenti per navigare le tempeste della vita.
Basato su una profonda analisi delle sue lezioni, questo articolo esplorerà il cuore pulsante della filosofia di Epitteto, la sua biografia, l’incredibile eredità del suo pensiero e come i suoi precetti, formulati nell’Impero Romano, possano servire da bussola per chiunque cerchi di trovare pace e forza nel caos del XXI secolo.
Il Manuale di Epitteto si apre con una distinzione tanto semplice quanto rivoluzionaria, un principio che costituisce il fondamento di tutta la sua dottrina: la dicotomia del controllo.
“La realtà si divide in cose soggette al nostro potere e cose non soggette al nostro potere. In nostro potere sono il giudizio, l’impulso, il desiderio, l’avversione e, in una parola, ogni attività che sia propriamente nostra. Non sono in nostro potere il corpo, il patrimonio, la reputazione, le cariche pubbliche e, in una parola, ogni attività che non sia nostra.”
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Secondo Epitteto, la nostra sofferenza non deriva dagli eventi stessi, ma dal nostro errore nel tentare di controllare ciò che è al di fuori del nostro dominio e, contemporaneamente, nel trascurare l’unica cosa su cui abbiamo un potere assoluto: la nostra mente.
Ciò che è in nostro potere è il nostro mondo interiore: il Giudizio (Hypolepsis). Le opinioni e le interpretazioni che formuliamo sugli eventi. L’Impulso (Hormê): La nostra motivazione ad agire, la spinta a muoverci verso qualcosa. Il Desiderio (Orexis): Ciò che vogliamo ottenere e attrarre nella nostra vita. L’Avversione (Ekklisis): Ciò che vogliamo evitare e respingere.
Ciò che non è in nostro potere è, essenzialmente, tutto il resto. Il nostro corpo: Possiamo curarlo, ma la malattia, l’invecchiamento e la morte sono inevitabili. Il patrimonio: La ricchezza può essere guadagnata o persa per cause esterne.
La reputazione: È costruita sui giudizi degli altri, che sono fuori dal nostro controllo. Le cariche pubbliche: Dipendono da elezioni, nomine e dalla volontà altrui. Gli eventi esterni: Il tempo, le azioni degli altri, le crisi globali.
Il termine greco Enchiridion significa letteralmente “ciò che si tiene in mano” o “pugnale”. Il titolo stesso suggerisce la sua funzione: uno strumento da tenere sempre a portata di mano per difendersi dalle avversità della vita.
“Non sono i fatti in sé che turbano gli uomini, ma i giudizi che gli uomini formulano sui fatti”.
Usa l’esempio della morte: non è terribile in sé (altrimenti lo sarebbe sembrata anche a Socrate), ma è il giudizio che “la morte è terribile” a renderla tale. Quando siamo afflitti, non dobbiamo incolpare gli altri o le circostanze, ma solo noi stessi, ovvero i nostri giudizi.
“Ricorda che il desiderio promette di farti ottenere ciò che desideri, l’avversione di non farti incorrere in ciò che avversi”.
Se desideriamo cose fuori dal nostro controllo (come la salute perfetta o la ricchezza) e non le otteniamo, saremo infelici.
Mantieni il silenzio. Parla solo quando è necessario e con concisione. Evita i pettegolezzi e le chiacchiere banali.
Sii padrone della tua mente. “Se qualcuno affidasse la tua persona al primo che incontra, ti adireresti. E tu che affidi la mente a chi capita, non te ne vergogni?”.
Non permettere che le offese o le opinioni altrui gettino la tua mente nel turbamento.
Non confondere la ricchezza o l’eloquenza di una persona con il suo valore intrinseco. “Sono più ricco di te, quindi ti sono superiore” è un’affermazione illogica.
Nato intorno al 50 d.C. a Ierapoli, nell’odierna Turchia, fu venduto come schiavo a Roma. Il suo padrone era Epafrodito, un potente liberto di Nerone. Fu durante la schiavitù che Epitteto subì una menomazione a una gamba, un promemoria costante della fragilità del corpo, una delle cose “non in nostro potere”.
Nonostante la sua condizione, ebbe la possibilità di studiare filosofia stoica con Musonio Rufo. Dopo essere stato affrancato, iniziò a insegnare filosofia a Roma. Tuttavia, nel 94 d.C., l’imperatore Domiziano bandì tutti i filosofi dalla città, considerandoli una minaccia intellettuale. Epitteto si rifugiò a Nicopoli, in Epiro (Grecia), dove fondò una scuola di grande successo che attirò studenti da tutto l’impero, tra cui il suo più celebre discepolo, Lucio Flavio Arriano.
Come Socrate, Epitteto non scrisse nulla. Tutto ciò che sappiamo dei suoi insegnamenti ci è stato tramandato da Arriano, che trascrisse le sue lezioni nelle Diatribe (Discorsi) e ne distillò l’essenza pratica nel Manuale.
Nei primi secoli dopo Cristo, il pensiero di Epitteto trovò un terreno fertile nella tradizione monastica cristiana. Il suo rigore etico, l’enfasi sulla disciplina interiore e il concetto di apatheia (assenza di passioni turbanti) furono visti come compatibili con l’ascesi cristiana.
Secoli dopo, l’accento di Epitteto sulla libertà interiore e sulla responsabilità personale riecheggiò nei temi dell’esistenzialismo.
Sorprendentemente, esistono forti consonanze con alcune pratiche buddhiste, in particolare la meditazione Vipassana. Entrambe le tradizioni insegnano a osservare le proprie impressioni e i propri pensieri in modo critico.
La differenza sta forse nel metodo: lo stoicismo suggerisce di “combattere” razionalmente un pensiero negativo, mentre il buddhismo insegna a “osservarlo” senza giudizio fino a che non si dissolve.
James Stockdale, pilota americano abbattuto durante la guerra del Vietnam e tenuto prigioniero per oltre sette anni, attribuì la sua sopravvivenza fisica e mentale agli insegnamenti di Epitteto, che aveva studiato in gioventù.
L’atteggiamento stoico verso la sofferenza, propria e altrui, può sembrare a volte spietato. Concentrandosi così tanto sulla propria imperturbabilità, si rischia di trascurare l’importanza dell’empatia e degli affetti.
L’obiettivo non è diventare un automa insensibile, ma acquisire una prospettiva che ci permetta di non essere schiavi delle nostre reazioni emotive.
E se desideri approfondire tematiche sulla comunicazione e pensiero critico: “Fabbrica della Comunicazione. Il Linguaggio dei Media” il libro di Beatrice Silenzi.







